Sono sempre di più i fondi istituzionali che inseriscono il carbon risk nelle scelte d’investimento, come evidenzia il Global Climate Index 2017. L’Europa è leader in questa speciale classifica, mentre la Cina è tra i Paesi peggiori quanto alla trasparenza del suo portafoglio globale.

Valutare i rischi finanziari associati al surriscaldamento globale non è un’operazione scontata, anche se sono sempre di più i fondi istituzionali che si preoccupano di come gestire i loro portafogli nell’ambito della transizione energetica verso le fonti rinnovabili, secondo il Global Climate Index 2017.

L’indice Global Climate 500 è stato elaborato da Asset Owners Disclosure Project (AODP), l’organizzazione internazionale no-profit che analizza e valuta il comportamento di centinaia di investitori in tutto il mondo, attribuendo punteggi dalla tripla A alla D, mentre il segno X è riservato a quei fondi bollati come “laggards” (ritardatari), perché finora hanno ignorato i possibili impatti dei cambiamenti climatici.

Secondo l’organizzazione no-profit, il 60% dei fondi valutati – 299 istituzioni per complessivi 27.000 miliardi di dollari – si sta impegnando in misura maggiore o minore a ponderare i rischi climatici nella suddivisione dei portafogli azionari e obbligazionari. Intanto sono diminuiti del 18% i fondi laggard, passando da 246 a 201 nel 2016-2017.

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