Con l’emergenza dettata dal contenimento del contagio da COVID-19, l’Italia si è ritrovata nel giro di pochissimi giorni a dover fronteggiare la chiusura fisica di molte sedi aziendali e a dover aderire in modo repentino a forme di “lavoro a distanza” per quante più persone possibile.

La gestione del rischio di contagio da Covid 19 sta rappresentando un’opportunità per diffondere di più questa forma di lavoro che ha indubbi vantaggi sia per i dipendenti che per le aziende, ma anche per l’ambiente.

GLI EFFETTI AMBIENTALI DELL’EMERGENZA COVID-19

In questi giorni in cui l’epidemia Coronavirus ha fermato il mondo e l’Italia sono state registrate significative riduzioni nelle emissioni di inquinanti e di gas serra. Ad esempio in Cina c’è stata una riduzione consistente nell’utilizzo del carbone in ambito industriale, ed è stata stimata una conseguente riduzione di emissioni di CO2 e di altri inquinanti come l’NO2 (leggi l’articolo su Qualenergia.it)


In Italia la domanda elettrica si è notevolmente ridotta nei primi mesi dell’anno (leggi l’articolo su Rinnovabili.it) e di conseguenza anche la produzione elettrica che, secondo i dati Terna, nei primi 13 giorni di marzo 2020 mostra una riduzione di circa il 5-10% rispetto ai primi 13 giorni di marzo 2019.

In particolare il fermo delle attività umane in pianura Padana, una delle aree più inquinate d’Europa, stanno rendendo visibile “a occhio nudo” la diminuzione di alcuni inquinanti, tra cui il biossido di azoto (NO2) che, secondo le stime dell’Agenzia europea per l’ambiente, ogni anno in Italia causa la morte precoce  di 14.600 persone sulle 76.200 complessive per inquinamento e polveri sottili.

Tutte queste potrebbero sembrare notizie positive. Ma con la fine dell’emergenza ci si aspetta un rimbalzo di questi fenomeni, con un nuovo aumento che potrà anche avere effetti ancora più deleteri sul clima e sull’ambiente. Quali saranno quindi le conseguenze a lungo termine di quanto sta succedendo? Molto dipenderà dalla capacità di mettere in pratica nel post-emergenza gli insegnamenti derivati dal drastico e forzato cambiamento della nostra vita quotidiana, nell’intento di realizzare un modello di sviluppo e di vita con minore consumo (e spreco) di risorse. L’attuale situazione, pur nella sua gravità, lascia intravedere la possibilità di rendere strutturali nuovi modelli comportamentali, come lo smart-working, o le riunioni e lezioni a distanza.

SMART WORKING O TELELAVORO? CHIARIAMO DI COSA SI TRATTA

Smart Working e Telelavoro non sono la stessa cosa, anche se di fatto si concretizzano in una simile modalità attuativa: i lavoratori dipendenti di imprese e PA svolgono il proprio lavoro da casa o comunque non sono tenuti a raggiungere la sede di lavoro. Si tratta però di 2 soluzioni concettualmente diverse: una più semplice e una, per l’appunto, “smart”. Per capirne le differenze facciamo riferimento all’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano.

Telelavoro

Il Telelavoro dipendente prevede lo svolgimento dell’attività a distanza, principalmente da casa. Normalmente richiede una postazione di lavoro fissa con specifiche misure da adottare obbligatoriamente in materia di salute e sicurezza, oltre a regole organizzative da applicare al rapporto di lavoro e una vera e propria forma contrattuale.

A questo link trovate tutti i dettagli per chiarirvi le idee sul telelavoro.

Smart Working

Lo Smart Working è un modello organizzativo che deriva da un accordo tra lavoratore e datore di lavoro e si realizza all’interno del rapporto di lavoro subordinato. Luoghi e orari di lavoro sono scelti liberamente dal lavoratore, in maniera flessibile e autonoma: ad esempio potrà stare a casa o utilizzare uno spazio di “co-working”.

A questo link trovate una Guida sullo Smart Working.

I NUMERI DELLO SMART WORKING IN EUROPA E IN ITALIA

In questo articolo di OggiScienza.it trovate un esaustivo quadro della diffusione di modalità di lavoro a distanza in Italia e in Europa. L’articolo esamina i dati Eurostat sul “lavoro da casa” e ci dice sostanzialmente che in Italia solo il 3,6% dei lavoratori dipendenti pratica questa modalità almeno un giorno a settimana. I Paesi in cui è maggiormente applicata sono Olanda e Finlandia, dove la percentuale arriva intorno al 13%-14%.

Secondo il Report 2019 dell’Osservatorio Smart Working, attualmente i lavoratori impiegati in progetti di Smart Working sono 570.000, ma, secondo i dati più recenti di Eurostat, i lavoratori dipendenti potenzialmente occupabili (manager e quadri, professionisti, tecnici e impiegati d’ufficio) sono più di 8 milioni.

I RISULTATI DELL’INDAGINE ENEA SUI BENEFICI DEL “LAVORO DA CASA”

Nel 2020 l’ENEA ha pubblicato i primi risultati di un’indagine sul lavoro a distanza negli Enti Pubblici, in cui ne ha analizzato benefici e criticità sotto diversi punti di vista. Sono state coinvolte 29 amministrazioni per un totale di 5.500 lavoratori, collezionando un campione di quasi 4.000 risposte. L’indagine ha riguardato gli anni 2015 – 2018.

ASPETTI AMBIENTALI: solo benefici

Dal punto di vista ambientale sono stati quantificati i consumi di carburante e le emissioni di inquinanti evitate. Fra gli inquinanti sono stati considerati l’anidride carbonica, composti organici volatili, ossidi di azoto, monossido di carbonio, benzene e PM 2,5-10, metalli pesanti e altri composti policiclici aromatici.

Grazie all’aumento del numero di mesi “lavorati a distanza” ogni anno i benefici ambientali sono migliorati, con un maggiore risparmio energetico, minore richiesta di carburante e minori emissioni.

ASPETTI PERSONALI E DI PRODUTTIVITÀ: qualche criticità da correggere

L’indagine ha rivelato che, nel complesso, i dipendenti che hanno lavorato a distanza hanno ritenuto l’esperienza molto positiva: la grande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori ha infatti risposto affermativamente alla domanda diretta sulla “possibilità di rimanere (o di tornare) in telelavoro/lavoro agile”.

Un focus sulla dimensione personale ha rivelato che il tempo liberato dagli spostamenti quotidiani non è solo un guadagno in termini di “quantità” ma anche di “qualità”, e ciò si traduce nella capacità di conciliare meglio e con maggiore soddisfazione attività lavorativa e vita privata, con minore stress fisico e mentale.

Le riposte negative permettono di individuare ambiti di attenzione e miglioramento, affinché la percezione e l’esperienza del “lavoro a distanza” possa essere per tutti positiva. Gli ambiti di miglioramento riguardano:

  • difficili situazioni personali, in cui il tempo liberato diventa unicamente tempo di “accudimento” dedicato ad altri, ad esempio genitori anziani, figli o familiari malati o disabili;
  • aspetti psicologici legati al senso di isolamento, al timore di essere vittima di pregiudizio o stigma da pare di colleghi e dirigenti;
  • barriere tecnologiche e ritardi organizzativi, che hanno a che fare sia con la diffusione di nuove tecnologie sia con le competenze richieste ai “lavoratori a distanza” per utilizzarle.