Le distorsioni della filiera del biogas (ovvero l’altra faccia della medaglia)

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Dopo aver messo in evidenza gli aspetti positivi della filiera biogas/biometano, ci sembra ragionevole mettere in luce le speculazioni e le contraddizioni che purtroppo stanno caratterizzando la maggior parte degli impianti realizzati nel nostro Paese e, in particolare, in Pianura padana. Con nefaste conseguenze a livello di accettabilità sociale, oltre che culturali ed ambientali.

E’ importante chiarire che “rinnovabile” e “sostenibile” non sono sinonimi e questo è particolarmente vero nel caso delle bioenergie. La parola “rinnovabile” fa riferimento alla velocità di rigenerazione delle risorse che deve essere inferiore o uguale a quella di sfruttamento. Da questo punto di vista le bioenergie sono rinnovabili. La sostenibilità invece dipende da come viene gestita la loro produzione. Attualmente ci sono molti esempi, a livello mondiale, di produzione insostenibile di energia elettrica da biogas e di biocarburanti.

In Italia il settore del biogas è oggi particolarmente ‘caldo’ perchè il sistema incentivante attivo fino al 31.12.2012 prevedeva una tariffa onnicomprensiva di 0,28 €/kwh per la produzione di energia elettrica da biogas. Questa tariffa, molto (troppo) vantaggiosa ha portato alla diffusione di impianti di potenza elevata, sproporzionati rispetto alla grandezza delle singole aziende agricole e/o zootecniche, che necessitano di essere alimentati con grandi quantità di materie ad alta resa energetica. Gli effluenti zootecnici hanno una resa energetica molto inferiore al mais per cui, installando grandi potenze, è indispensabile fornire al digestore anche altro materiale vegetale, fra cui appunto il mais. Il quale, purtroppo, viene appositamente coltivato in quanto per le aziende risulta economicamente più vantaggioso utilizzarlo a scopo energetico piuttosto che venderlo per alimentazione. Per avere un’idea dell’entità della contraddizione: per le singole aziende zootecniche sono sufficienti cogeneratori di potenza compresa tra 20 kw e 150 kw circa, ma a maggio 2011 il CRPA stimava che il 55,5% degli impianti aziendali rientrava nella classe di potenza compresa tra 501 – 1000 kw (potenza media di 943 kw).

Se gli impianti aziendali di taglia medio-piccola, dimensionati secondo le caratteristiche dell’azienda ed inseriti nel suo ciclo produttivo, sono da considerarsi esempi virtuosi di gestione agricola sostenibile a ciclo chiuso, così non si può dire per gli impianti di grossa taglia, soprattutto quando alimentati con colture dedicate, che determinano numerosi impatti sull’ambiente e quindi sull’uomo. Ad esempio:

– l’utilizzo del mais per scopi non alimentari, unito alla necessità di produrne in grandi quantità, può comportare un utilizzo dissennato di fertilizzanti e antiparassitari chimici con conseguente inquinamento delle falde sotterranee

– l’utilizzo di mais a fini energetici lo lega indissolubilmente al prezzo del petrolio (un quarto della produzione di mais negli USA e il 10% della produzione mondiale  è dedicata al mercato energetico) creando gravi problemi alimentari a causa della fluttuazione dei prezzi

– le necessità di alimentazione del digestore può comportare l’acquisto di materiale prodotto ad hoc da industrie specializzate, con conseguente incremento di traffico pesante e relative emissioni

– utilizzo di grandi volumi d’acqua

– impatto a livello di consumo di suolo per lo spazio occupato dall’impianto stesso, nonché il suo impatto paesaggistico

– l’utilizzo degli insilati di mais favorisce la proliferazione di clostridi, batteri anaerobici dannosi per gli animali, le cui spore rimangono nel digestato che viene poi sparso sul terreno

– benché l’utilizzo agronomico del digestato sia un aspetto positivo perché permette di sostituire i fertilizzanti chimici, i grandi impianti ne producono quantitativi talmente elevati da risultare ingestibili alla scala locale, favorendo quindi un ulteriore incremento di traffico pesante per la distribuzione dello stesso in zone relativamente lontane dal luogo di produzione

– altri aspetti delicati riguardanti il contenuto d’azoto nel digestato e lo spandimento nelle aree definite a rischio dalla Direttiva Nitrati (91/676/CEE).

Il nuovo sistema di incentivi in vigore dal 1 gennaio 2013 (DM 6 luglio 2012) abbassa la suddetta tariffa e sembra favorire impianti di taglia medio-piccola. Porta però con sé altre problematiche, legate al fatto che da una parte non si fa differenza tra energia ricavata da combustione o digestione anaerobica, dall’altra non c’è una chiara distinzione tra rifiuti e sottoprodotti.

L’argomento è molto vasto ed è difficile sintetizzarne efficacemente i pro e i contro. Facilmente le riflessioni sfociano in ambiti collaterali quali: agricoltura sostenibile, sprechi alimentari, decarbonizzazione, distribuzione energetica distribuita, globalizzazione, economia su scala locale, adeguatezza della normativa e degli incentivi, ecc.

L’urgenza della situazione climatica fornisce stimoli positivi per allontanarsi progressivamente dai combustibili fossili, ma questo percorso non deve essere distorto da meccanismi speculativi, in quanto la sostenibilità, per essere tale, deve essere contemporaneamente ambientale, economica e sociale. Per questa ragione, qualsiasi evoluzione dell’attuale sistema deve essere trainata da una corretta gestione delle risorse che, nello specifico, si traduce nella necessità di tornare a un’agricoltura sempre meno industrializzata e commisurata sui bisogni locali. Citando Carlo Petrini (Terra Madre, 2009): “La sfida, come avviene per molti altri ambiti, si può vincere se giocata soprattutto a livello locale, l’unico in cui si può ancora applicare il buon senso e calcolare con buona approssimazione la sostenibilità dei processi di produzione e consumo. E’ solo a livello locale che si può dare, in caso di necessità, la priorità all’alimentazione rispetto ai carburanti o si possono utilizzare le risorse (compresi rifiuti e scarti) più convenienti“.

FONTI E MATERIALI SCARICABILI:

Legambiente. Il biogas, criteri per una produzione sostenibile

G. Carrosio, La produzione di energia da biogas nelle campagne italiane: un’analisi neo-istituzionale. AgriRegioniEuropa, Dicembre 2011

Comunicare Energia e Coldiretti. AGROENERGIE: VERSO UNA PERFETTA INTEGRAZIONE TRA ATTIVITÀ AGRICOLA E PRODUZIONE DI ENERGIA