Water Footprint e Life Cycle Assessment

Per secoli l’umanità ha risposto al crescente bisogno d’acqua cercando nuove risorse idriche da sfruttare. Da alcuni decenni però è sempre più difficile trovare nuove risorse: le falde sono sovrasfruttate (si preleva più acqua della capacità di ricarica attraverso le piogge) e in molte zone del pianeta si è iniziato ad estrarre “acqua fossile”, non più rinnovabile. Anche in Italia, paese relativamente ricco d’acqua, la situazione non è delle migliori: sia le falde superficiali che le acque superficiali soffrono di sovrasfruttamento e, a causa dei prelievi, la circolazione naturale si impoverisce e non riesce più a diluire gli inquinanti: negli ultimi anni si è assistito ad un continuo processo di impoverimento e degrado chimico-fisico delle risorse idriche… in breve: stiamo utilizzando più acqua di quella che è possibile prelevare senza causare danni alle falde o ai fiumi, e la domanda d’acqua è in crescita. Tutto ciò nonostante esista la Direttiva Quadro sulle Acque (DQA 2000/60/CE), recepita in Italia con il D.lgs. 152/2006 (Norme in materia ambientale) e successivamente con D.lgs. 208/2008, secondo cui entro il 2016 si sarebbe dovuto raggiungere il “buono stato ambientale” di tutti i corpi idrici superficiali e sotterranei.

Con la globalizzazione, cioè il processo di integrazione internazionale delle attività economiche, anche l’acqua è diventata una risorsaglobale“. I sistemi di produzione sono internazionalizzati e i vari stadi di produzione (supply chain) possono essere localizzati in posti geograficamente anche molto lontani tra loro. Ciascun anello della catena di fornitura di un qualsiasi sistema di produzione (un alimento, una maglietta, una penna, ecc.) implica consumo ed inquinamento della risorsa idrica e tali impatti sono influenzati dalla struttura organizzativa globale delle aziende nonché dal luogo in cui il prodotto viene effettivamente consumato. Si pensi ad esempio al caso del cotone: dal campo al prodotto finito ci sono differenti stadi di produzione con differenti impatti sulla risorsa idrica, che generalmente si svolgono in luoghi differenti, anche lontani geograficamente, ed in momenti molto diversi. La Malesia non coltiva cotone ma lo importa da Cina, India e Pakistan per processarlo nelle sue industrie tessili ed esportare i vestiti finiti nel mercato europeo.

Ad ogni prodotto è quindi possibile associare un quantitativo d’acqua consumata ed inquinata lungo tutta la catena di fornitura e le caratteristiche di un’organizzazione e di un sistema produttivo ne influenzano fortemente i volumi, nonché la loro distribuzione spaziale e temporale. Visualizzare l’acqua “nascosta” dentro i prodotti può aiutare a quantificare gli effetti del consumo e del commercio sull’uso delle risorse idriche e a formare le basi conoscitive per una migliore gestione globale dell’acqua.

Proprio da queste considerazioni si è sviluppato il concetto di “acqua virtuale“. Per “acqua virtuale” di un prodotto si intende il volume d’acqua consumato o inquinato lungo tutta la catena di fornitura e produzione e quindi “incorporato virtualmente” nel prodotto stesso. Se un prodotto viene importato od esportato è come se venisse importata od esportata acqua in forma virtuale.

Lo strumento individuato per calcolare l’impatto complessivo sulla risorsa idrica è il Water Footprint (WF, Impronta idrica), un indicatore che quantifica i volumi di acqua usata per produrre i servizi e i beni utilizzati da un individuo (o comunità) o prodotti da un’azienda. L’approccio per il calcolo del Water Footprint è di tipo Life Cycle Assessment (Analisi del Ciclo di Vita), una metodologia in grado di “identificare gli aspetti e i potenziali impatti ambientali che intervengono durante tutto il ciclo di vita di un prodotto dall’acquisizione delle materie prime, attraverso la produzione, fino all’utilizzo e al fine vita (riciclo o smaltimento finale)” (ISO 14040:2006).

Il WF considera non solo il volume di acqua consumato ma anche la tipologia. Si parla infatti di:

  • WF blu per indicare il volume di acqua dolce prelevata dalle acque superficiali e sotterranee per scopi domestici, industriali o agricoli;
  • WF verde per indicare il volume di acqua piovana traspirata dalle piante durante la coltivazione;
  • WF grigio per indicare l’acqua inquinata durante il processo di coltivazione e produttivo.

I servizi che offriamo in questo ambito sono:

  • Analisi del Ciclo di Vita
  • Analisi Water Footprint (metodolofgia del Water Footprint Network oppure ISO 14046/2014).

FONTI:

Ceci S. Acqua e Ambiente. EMI, 2007.

Conte G. Acqua. una coperta troppo corta che richiede nuovi modelli gestionali. Il Progetto Sostenibile n. 24, 2009.

Segrè A. Falasoni L. Il libro Blu dello spreco in Italia: l’acqua. Edizioni Ambiente. 2012.

Hoekstra A.Y., Chapagain A. K., Aldaya M. M., Mekonnen M. M..The Water Footprint Assessment Manual – Setting the Global Standard. Earthscan. 2011.

WWF. IMPRONTA IDRICA. Scenari globali e soluzioni locali. 2011